CASTELL'ARQUATO - Giri 2022

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fabio Ranuzzi Giri 2022
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CASTELL' ARQUATO (PC)
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QUALCHE ANNEDOTO
In epoca pliocenica la zona di Castell'Arquato, così come buona parte della pianura Padana, era occupata dal mare, di cui sono sopravvissuti numerosi reperti fossili, risalenti in particolare al Piacenziano, che deve il nome alla città e alla provincia di Piacenza.

In seguito la zona è popolata dall'uomo sin dal Paleolitico inferiore, periodo a cui sono datati alcuni manufatti in selce ritrovati nel territorio comunale. Reperti più recenti, risalenti al Neolitico e all'età del Ferro, testimoniano la persistenza della presenza umana.
Il territorio viene poi colonizzato da tribù liguri e gallo-celtiche, prima di entrare a far parte dei territori controllati dai romani. Da alcune tracce attribuibili a insediamenti romani si presume la costruzione di un castrum militare con il fine di controllare i liguri. In epoca imperiale si sviluppò come piccolo capoluogo rurale, grazie alla posizione favorevole di dominanza sulla rete viaria.
Secondo la leggenda, il toponimo Castell'Arquato deriverebbe dal nome del cavaliere romano Caio Torquato, a cui si attribuisce la fondazione del villaggio; più realisticamente, si deve alla forma quadrata del primo insediamento militare o dalla disposizione di esso.

Medioevo
In epoca longobarda la zona è attraversata dalla via dei monasteri che permetteva il collegamento, attraverso la catena appenninica, tra la pianura Padana e la Lunigiana.
Il primo documento scritto che menziona il luogo è un atto di vendita datato 13 marzo 760, parte delle carte di Varsi in cui viene citato in finibus Castri Arquatense. In documenti successivi viene nominato come Castro Fermo, Castro Fermo Arquatense e Fines Castellana. In alcuni di questi documenti viene citato un nobile chiamato Magno, a cui si deve l'edificazione della pieve di Castell'Arquato dedicata alla gran Madre di Dio, tra il 756 e il 758, e del castello a base quadrata. Nel momento della sua morte nel 789, egli dona al vescovo di Piacenza il paese, la chiesa di Santa Maria e i beni annessi.

Ci sono testimonianze di notevole vitalità del borgo negli ultimi decenni del I millennio. In questo periodo il vescovo di Piacenza amministra la zona arquatese mediante uomini scelti e gode del fodro, il diritto di esazione delle imposte dirette, su tutti gli uomini, nobiles, burgenses o castellani che posseggono case e terreni e sugli ecclesiastici di Santa Maria.

Dal 1204 al 1207 Grimerio, vescovo di Piacenza, sceglie come dimora Castell'Arquato in seguito alle lotte con il comune di Piacenza. Di conseguenza il borgo comincia ad assumere maggiore autonomia rispetto al comune di Piacenza. Nel 1220 il vescovo Vicedomino devolve alla comunità locale tutti i beni di sua proprietà nel territorio arquatese, concedendo l'enfiteusi per 700 lire piacentine. Inoltre, per 200 lire piacentine più un canone annuo, concede i beni situati nelle zone di San Lorenzo, Vernasca e Lusurasco. A partire da quell'anno, Castell'Arquato viene retto per tre anni da consoli, in seguito sostituiti dalla figura del podestà, nominato dal comune di Piacenza tra i membri delle famiglie nobili guelfe della città.

Nel 1256 Castell'Arquato subisce l'assalto del nobile ghibellino Oberto II Pallavicino, il quale, tuttavia, non riesce a portare l'assedio a compimento. Nel 1290 Alberto Scotti, sostenuto dal partito guelfo, dal ceto mercantile e dalle corporazioni degli artigiani, diventa signore di Piacenza, insediando a Castell'Arquato il podestà Tedesio de' Spectinis.
Nel 1304 Alberto Scotti viene cacciato da Castell'Arquato ad opera del comune di Piacenza, che insedia nel luogo Gabriele Pallastrelli. Tre anni dopo Scotti riprende il possesso del borgo, governandolo a fasi alterne fino al 1316, quando Galeazzo I Visconti, supportato da Corrado Malaspina e dalla famiglia Arcelli, assedia Castell'Arquato e la conquista l'anno successivo, facendo prigioniero Alberto Scotti.

Galeazzo Visconti concede al borgo alcune “grazie speciali” includenti la possibilità di emancipazione giuridica da Piacenza e la facoltà di adottare un corpus di norme legislative autonome; queste grazie diventeranno, poi, la base degli statuti redatti nel corso del quattrocento.

Nel 1324 Manfredo Landi, uomo di fiducia dei Visconti che gli avevano concesso il governo di Castell'Arquato, è costretto a cedere Castell'Arquato al comune di Piacenza, in seguito all'abbandono di quest'ultimo da parte della nobile famiglia milanese dopo la rivolta guelfa guidata da Obizzo Landi. Il paese rimane sotto il controllo di Piacenza fino al 1336, quando torna sotto il controllo della famiglia Visconti, tramite Azzone Visconti, il quale ripristina l'autonomia degli arquatesi da Piacenza nominando podestà Galvagno de' Comini. Contemporaneamente viene eseguita la fortificazione del borgo a causa della sua importanza strategica e militare. A partire dal 1342 incomincia la costruzione della rocca, promossa dal comune di Piacenza su iniziativa di Luchino Visconti. Negli anni successivi, insieme a tutto il territorio visconteo, Castell'Arquato è soggetta ad aspre lotte per la successione dopo la morte di Luchino Visconti prima e di suo fratello Giovanni poi.

Nel 1403 Gian Galeazzo Visconti concede a Borromeo de' Borromei e alla sua discendenza l'investitura dei poteri feudali, comprendenti le rendite fiscali collegate, su Castell'Arquato. L'anno successivo Borromei tradisce i Visconti, schierandosi con Carlo VI di Francia e rendendo il borgo un feudo regio. Successivamente Castell'Arquato viene conquistato da Francesco e Giovanni Scotti che mantengono il potere fino al 1414 quando, sotto la minaccia dalla famiglia Arcelli, originaria di Fiorenzuola d'Arda, decidono di cedere tutti i loro diritti agli arquatesi, che, a loro volta, li rimettono al duca di Milano Filippo Maria Visconti. A partire dal 1416 il borgo cambia nome in Castel Visconti, mantenuto fino al 1470.

Nel 1438 Filippo Maria Visconti investe il capitano di ventura Niccolò Piccinino del feudo arquatese. Durante il suo governo si assiste alla promulgazione degli statuti comunali: gli Statuta et decreta Terrae Castri Arquati. Dopo Niccolò il feudo rimane alla famiglia Piccinino tramite i figli Francesco e Jacopo. Nel 1447 Francesco I Sforza, signore di Milano, viene nominato signore di Piacenza e del contado; lo Sforza investe del feudo arquatese prima Bartolomeo Colleoni, nel 1453 e poi, in seguito al passaggio del Colleoni al servizio della repubblica di Venezia, a Sceva da Corte e nel 1455 a Tiberto Brandolini da Forlì. Il feudo rimane ai Brandolini, a Tiberto e poi ai suoi due figli, fino al 1466.
Nel 1466, alla morte di Francesco, il feudo viene inizialmente concesso e poi definitivamente venduto dalla moglie Bianca Maria Sforza al cognato Bosio I Sforza, conte di Santa Flora.

Età moderna

Gli statuti di Castell'Arquato dal 1545 (Statuta Castri Arquati), 1876
Nel 1499, con la discesa dei francesi in Italia, Castell'Arquato passa sotto il loro dominio, venendo amministrato prima da Pierre de Rohan, con il titolo di Gran Marescalco del Cristianissimo Lodovico Re di Francia, che lo delega, a sua volta, al podestà Francesco Torti e poi al Marescalco Gian Giacomo Trivulzio. Terminato il dominio francese, il borgo entra a far parte dello stato pontificio per essere poi riassegnato a Francesco Sforza di Santa Flora nel 1512.

Nel 1531 sale al potere Bosio II Sforza; dopo la sua morte, nel 1533, la cittadinanza locale afferma la fedeltà alla moglie Costanza Farnese. Nel 1541 papa Paolo III Farnese, padre di Costanza, concede al borgo l'indipendenza dal comune di Piacenza, cancellata dal suo predecessore Clemente VII nel 1530. Il pontefice rende anche visita al borgo nella primavera del 1543 in cui è acclamato dalla popolazione, riconoscente per il ripristino dell'indipendenza da Piacenza con i conseguenti vantaggi economici. Nel 1545 sale al potere Sforza Sforza, figlio di Francesco; durante il suo regno Ottavio Farnese eleva Castell'Arquato a marchesato. A Sforza succederà il figlio, cardinale Francesco Sforza. Il potere della dinastia Sforza termina nel 1707, allorché il territorio arquatese diviene parte del ducato di Parma e Piacenza, di cui segue la storia fino all'unità d'Italia.

Età contemporanea
Il borgo non ha subito modifiche degne di nota sino agli anni '50. Nei decenni successivi le diverse amministrazioni hanno incentivato un cospicuo sviluppo urbanistico ai piedi del borgo antico, che si è esteso alle superfici agricole circostanti e a cui ha corrisposto un iniziale spopolamento e un successivo recupero architettonico del nucleo storico originario anche grazie all'utilizzo turistico delle seconde case.

Fonte: WIKIPEDIA

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